Ragusa. “De Animis Mundi”, dal 19 Marzo una nuova collettiva
alla Galleria Soquadro
Dopo il successo felicemente riscontrato a seguito della bipersonale di Giovanni Blanco e Domenico Grenci “Come Isole nel Mare”, la Galleria Soquadro ha il piacere di presentare la collettiva dal titolo De Animis Mundi a cura di Eleonora Aimone.
Le opere dei quindici artisti partecipanti si compongono attorno al tema fondante dell’anima, delle anime, anzi – come detta il titolo della mostra. Un titolo che rimanda al concetto di Anima Mundi, ma che intende superarlo e contemplare quanto di sensibile e intelligibile – per rimanere, ancora una volta, in ambito filosofico – evochi il concetto di anima nel creato. Una tematica che lascia, dunque, ampio campo all’analisi e all’elaborazione di un soggetto ultimo in cui ciascun artista ha saputo far confluire l’esperienza personale e stilistica necessaria alla produzione di un’opera unica o in edizione.
Gli artisti in mostra, alcuni già promossi in passato da Soquadro – come Giovanni Blanco, Sandro Bracchitta, Daniele Cascone, Giuseppe Giordano, Luca Grechi, Domenico Grenci, Giovanni La Cognata, Gaetano Longo, Angelo Ruta, Ignazio Schifano, Giovanni Viola – ed altri che approdano per la prima volta, non solo in questa galleria, ma nel territorio ragusano tutto – quali Alessia Armeni, Marco Circhirillo, Elisa Muliere e Maurizio Cugnata – espongono opere che spaziano dalla pittura alla fotografia, dalla scultura all’illustrazione e che fanno di questa mostra un prezioso contenitore di arte transdisciplinare, non solo del contemporaneo locale, ma anche di quello nazionale.
L’inaugurazione si terrà sabato 19 Marzo 2022, nei locali della Galleria SoQuadro in via N. Colajanni 9, a partire dalle ore 19:00, e la mostra sarà fino al 23 Aprile 2022, dal martedì al sabato, dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 17:00 alle ore 20:00.
soquadroragusa@gmail.com
+39 339.3849867
TESTO CRITICO A CURA DI ELEONORA AIMONE
DE ANIMIS MUNDI
Quando Susanna Occhipinti mi ha chiesto di curare questa collettiva per la sua Galleria e di proporre un tema fondante attorno al quale chiedere agli artisti di concepire le loro opere, ho condotto con il pensiero un percorso inverso a quello comune: conoscevo il lavoro di molti degli artisti già promossi dalla galleria e di quelli che sarebbero stati in mostra per la prima volta, di alcuni di essi mi pregio – e mi fregio, anche! – di essere amica, e tale conoscenza mi ha suggerito il tema e il titolo da scegliere, in virtù dell’essenza propria della loro produzione artistica, che è intrisa di studio, contemporaneità, poetica, carattere, esercizio e cifra stilistica.
De Animis Mundi, così in latino, una lingua imprescindibile dalla nostra cultura e che a sua volta fa riferimento all’aulicismo degli antichi greci. Uno sguardo al passato che ci ha lasciato preziose eredità culturali, fra cui quella della Filosofia e, con essa, di concetti-chiave del nostro pensiero e della nostra società, come quello dell’Anima. Delle anime, anzi. Giacché questa mostra non vuole soffermarsi sul solo principio trattato dai primi filosofi, che intendevano un’entità prima e assoluta a cui ricondurre l’intero creato, ma estendere il concetto a tutto quanto lo stesso creato nel corso del tempo a noi noto abbia offerto all’umanità e che possa essere percepito quale “avente un’anima”, propria o riflessa, che suggerisca una natura altra da quella visibile, e perciò attinta dai nostri quindici artisti alla realtà sensibile, a quella intellegibile e a quella personale, filtrata da sguardo, attitudini, conoscenze eidetiche ed empiriche unicamente e preziosamente soggettive.
Stabilito il tema, è stata altresì fornita l’indicazione che il formato delle opere non superasse una data misura nel tentativo di concentrare il contenuto di ciascuno in uno spazio immediatamente fruibile e carico di energia pulsante. Il frutto di tutto ciò ha prodotto un intenso percorso artistico transdisciplinare e, come tale, vibrante e prezioso. Alcuni artisti hanno concepito opere specificamente pensate per questa mostra, altri ne hanno offerte di già eseguite e squisitamente calzanti.
Fra gli artisti che per la prima volta approdano alla Galleria Soquadro, la romana Alessia Armeni, che ci disvela due dei suoi “Piccoli Angoli”, in cui le velature e le campiture di colore perfettamente calibrate, che evocano esperienze maturate, dialogano col fondo vivido che sembra voler fare capolino, per affermare le pulsioni dell’Es che sempre danzano dentro ciascuno, nonostante disincanto e consapevolezza; Marco Circhirillo, artista parmigiano che attraverso il mezzo fotografico indaga da sempre sul dualismo corpo-anima, qui espresso mediante due opere analogiche, tratte dalla serie “Sulla Caducità della Vita”, in cui il motivo della dissolvenza offre elementi che si compenetrano e sfuggono, risolvendosi in immagini dal profondo lirismo che affrontano la dicotomia tra l’essere ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere; Maurizio Cugnata, con una stampa ai sali d’argento che sembra attinta a un volume di Storia della Fotografia, un lavoro che esalta l’esercizio della tecnica fotografica, la conoscenza dei tempi espositivi, l’effetto antico e ancora vibrante di immagini mosse che suggeriscono una realtà in lento fluire; infine, Elisa Muliere, giovane artista piemontese che vive ed opera a Bologna e che fa della sperimentazione tecnica e tecnologica parte del prezioso corredo con cui esprime il proprio mondo interiore. Soquadro espone due sue opere realizzate con tecniche diverse: un piccolo dipinto che si lega all’esigenza di comunicazione, di espressione libera, con una superficie densa di pennellate immediate e vivaci che ci conducono nella vertigine di una danza sfrenata, e con un piccolo gruppo scultoreo di grande pregio in cui lo spazio intimo e quello esterno dell’individuo diventano tutt’uno e il paesaggio miniato sembra seguire il flusso immenso delle emozioni umane.
Fra gli artisti ormai consolidati nella scuderia di Soquadro, ritorna Giovanni Blanco con un lavoro dal gusto contemporaneo che concilia il mezzo cinematografico – con un’esplicita citazione del cinema di Ettore Scola – e quello pittorico, facendo leva sulla natura carnale del sentimento che si esprime nel desiderio e riconducendoci all’insegnamento del mito di Eros e Psiche, ovvero che l’amore, inteso nella sua complessità di elementi, risiede nell’anima ed è dunque imprescindibile da essa; tuttavia le scelte formali e cromatiche conferiscono all’immagine una valenza estatica ed onirica che ne argina la spinta erotica e la rende archetipica ed elegante al pari di una scultura canoviana.
Sempre in tema di archetipi, l’opera appositamente creata da Sandro Bracchitta presenta due elementi per eccellenza dell’inconscio, il cuore e la casa, qui collocati in uno spazio trattato con interventi tecnici di varia natura, che arricchiscono la trama della superficie e sembrano spingerci a un gioco enigmistico che tutti abbiamo amato da bambini, quello di individuare la sola via per collegare le due figure agli antipodi e far sì che l’anima possa trovare la sua giusta dimora.
Di estrema eleganza formale il dittico di Daniele Cascone, artista fotografo che ama lavorare su concetti esistenzialistici servendosi, come in questo caso, della figura umana; due immagini legate fra loro da un sottile filo che esprime tutta la precarietà della natura umana e confonde su quale delle due figure sia il corpo e quale l’anima. Ne emerge un senso di compassione che grava sulla fruizione dell’opera e, nonostante i toni freddi e la fissità dei corpi, la arricchisce sorprendentemente di profonda umanità.
Ancora un’opera fotografica, quella di Giuseppe Giordano, che sceglie un esplicito riferimento al concetto filosofico schopenhaueriano noto come Velo di Maya, che è di fatto il titolo della stessa opera: l’impossibilità dell’uomo di vedere la verità delle cose, l’inganno della realtà fenomenica, in grado di intorbidare la chiarezza di quella noumenica e di fare degli uomini gli stessi di cui già duemila anni prima Platone ci raccontava nell’efficacissimo Mito della Caverna.
Luca Grechi è un giovane artista toscano che opera a Roma e che pratica una pittura che è incontro fra ricerca spaziale e cromatica; la piccola opera in mostra, “Delle Farfalle all’Alba”, reca in sé tutta la poetica del suo lavoro, in cui un costante esercizio di osservazione, analisi e sintesi, sia nel segno che nel colore, restituisce immagini d’immensa leggerezza, dove gli elementi figurativi emergono da un fondo in cui si percepisce il divenire della realtà e la possibilità che questa possa mutare in un istante, svelando altro di potentemente e inaspettatamente profondo.
I ritratti femminili costituiscono la cifra stilistica di Domenico Grenci, che in questa mostra ne presenta uno di forte intensità espressiva, in cui lo sguardo del soggetto non sfugge, come spesso fa, a quello dello spettatore, ma lo catalizza e lo penetra; lo fa col segno del carboncino e con una gouache di olio e bitume sapientemente combinati, che assumono a un tempo consistenza e lievità, in un’immagine finale di generale, profondo mistero.
Anche Giovanni La Cognata, maestro di lungo corso e dalla febbrile produzione, ha scelto un volto per questa mostra: il proprio. Il suo autoritratto, concepito durante il periodo di lockdown che è seguito alla recente pandemia, ha costretto l’artista a fare i conti con sé stesso e da questa lunga introspezione sono nati lavori dotati di forte carica espressiva, di pennellate libere e istintive, in cui lo stesso sembra mettersi a nudo, non in una narcisistica pratica di egotismo, bensì nel tentativo di offrire a noi tutto il suo mondo attraverso la potenza comunicativa del suo sguardo.
Le anime di Gaetano Longo sono quelle dei resti di oggetti senza più la loro antica funzione, anime ritrovate, reinventate, a servizio dell’osservazione e della pittura che ne coglie una nuova essenza; oltre alla mancata integrità, a farne elementi astratti contribuisce la scelta di una pittura dal gusto macchiaiolo che conferisce alle forme un’apparente bidimensionalità e, dunque, una rilettura complessiva della realtà e della figuratività, di cui la pittura sembra non più abbisognare.
Fra gli artisti presenti, Angelo Ruta è l’illustratore, e, come tale, reca in sé tutta la magia del racconto e dell’incanto che fanno da viatico a questo suo ruolo. La grande conchiglia, che ha per titolo lo stesso della nostra mostra, non ha lo scopo di traslitterare in immagine un testo precostituito, bensì di evocarne uno non ancora scritto, non uno solo – anzi – ma molti di più, almeno tanti quanti sono gli sguardi che si lasciano rapire dal blu oltremare dell’opera in mostra, che è anche cielo e spazio infinito, come la stessa forma a spirale del soggetto suggerisce.
“Perdermi, smarrirmi, anche se ogni tanto mi fa paura, è ciò che meglio conosco, e di continuo mi auguro. Per la mia vita, e per la mia Arte”. In questa affermazione, tratta da un’intervista del 2021 a Ignazio Schifano, altro artista in mostra, può essere condensata gran parte della sua fervida produzione pittorica, e del suo “Piccolo Palco”, in cui il principio di Anima Mundi sembra attenderci alla fine del vorticoso andare sul palcoscenico della vita e del gesto pittorico dell’artista: la dimensione non finita che ci conduce all’origine di ogni cosa, il niente che si fa tutto, l’inquietudine che trova tregua nella rivelazione ultima.
In ultimo – ma solo per questioni legate a un ordine scelto di tipo alfabetico – un inedito lavoro di Giovanni Viola che sperimenta la sua ennesima ricerca attraverso l’amico pastello e che ci riavvicina al dualismo corpo-anima qui trattato da altri artisti, ovvero un nudo femminile; o meglio, un nudo scolpito nella luce e dalla luce, come suggerisce il titolo dell’opera, che è l’essenza stessa del corpo: l’insegnamento, appreso col mestiere, del valore della luce che è elemento fondante della tecnica pittorica e principio visivo della percezione, senza la quale nessun corpo potrebbe mai apparire al nostro sguardo e rivendicare la propria, vitale presenza nel creato.